La squadra di GiPA Italia, superati i primi momenti di sgomento e preoccupazione per il diffondersi dell’epidemia mondiale del Coronavirus, ha proseguito con grande…
La squadra di GiPA Italia, superati i primi momenti di sgomento e preoccupazione per il diffondersi dell’epidemia mondiale del Coronavirus, ha proseguito con grande alacrità il proprio lavoro di analisi sulle dinamiche del settore automotive, consegnandoci dati estremamente interessanti, utili a capire cosa sta succedendo in questi giorni nelle officine, nelle aziende di distribuzione, nelle attività di rivendita di ricambi auto e truck.
Ne abbiamo parlato oggi con Marc Aguettaz, direttore generale di GiPA Italia. La società si è mossa in due prime direzioni: innanzitutto ha organizzato una ricerca per capire l’impatto delle restrizioni e dei decreti del presidente del Consiglio dei ministri sulla mobilità degli automobilisti italiani, un monitoraggio tuttora in atto, affidato a un questionario che coinvolge un panel allargato di guidatori.
Qui il link per chi desiderasse compilare il questionario e ricevere una sintesi dei dati di filiera.
Questa ricerca è oggi attiva in tutti i mercati dove GiPA opera. Quindi, dal 13 marzo (mentre ancora si stava monitorando l’attività di febbraio) è stato attivato lo strumento RCM (Rilevatore congiunturale mensile) per individuare quale attività fossero già chiuse, quali ancora aperte e quali intendessero chiudere a breve.
RIPARAZIONE
AUTO
Due i trend più rilevanti nelle attività di riparazione
auto: “Nei primi due mesi del nuovo anno – ci spiega Aguettaz –
l’attività delle officine di tutti i circuiti (forse un po’ meno
per officine autorizzate), è andata bene. In alcune regioni è stato
così fino ai primi giorni di marzo. Poi, con i decreti dell’8
marzo, una vera e propria data “spartiacque”, questa dinamica si
è brutalmente interrotta. Il 64% delle officine di ogni tipologia
chiudevano o intendevano chiudere entro il 13 marzo. E credo che oggi
questa percentuale corrisponda all’80%. In questi giorni, solo il
20% di officine sono aperte o aperte a porte chiuse: il 10% di queste
risulta oggettivamente aperto e il restante 10% ha messo un cartello
fuori dall’ingresso con il numero di telefono a cui rivolgersi per
un eventuale appuntamento e comunque isolare e proteggere da contatti
esterni gli operatori che sono al lavoro all’interno”.
In realtà, anche se le officine auto possono per decreto rimanere aperte, ci sono almeno 3 motivazioni (e mezza) che ne hanno fatto comunque chiudere l’80%: “La prima – continua Aguettaz – è la paura degli operatori, la seconda sono le restrizioni alla circolazione, che ovviamente hanno fatto calare drasticamente il numero di chi utilizza l’auto, infine la terza è la discrezionalità delle Forze dell’Ordine, che nonostante una persona abbia un appuntamento per un intervento in officina, potenzialmente un’urgenza di sicurezza, non lo reputano tale e la rimandano a casa. Qualcuno tra gli operatori intervistati, infine, ha anche citato la difficoltà a reperire i ricambi”.
Tutto ciò fa sì che in questi giorni l’attività complessiva delle officine che sono aperte non superi il 5-10% di quella normale. “In realtà – prosegue l’analista – l’attività residuale di meccanica o di assistenza in questo momento è dal 1% al 2%, perché quelli che sono chiusi sono a 0, mentre quelli che restano aperti lavorano tra il 5 e il 10%: chi resta aperto sta peraltro registrando un calo del fatturato nell’ordine del 90%-95%. Citando un operatore, si rimane aperti per 20-30 € al giorno”.
RICAMBISTI
Per
quanto riguarda il segmento dei ricambisti, al 13 di marzo circa il
65% dichiarava di essere chiuso (principalmente in Lombardia) o di
avere intenzione di chiudere (in tutta Italia). Un dato abbastanza
omogeneo con quello delle officine, chiuse per i 2/3. Riprende
Aguettaz: “Credo che oggi questo numero sia ancora maggiore,
considerando che magari una struttura più grande può avere qualche
punto vendita aperto e altri chiusi. Oggi, infatti, uno dei
principali problemi è la disponibilità del personale: magazzinieri,
banconisti, impiegati temono di venire a lavorare per paura del
contagio. Mi risulta che in questo momento la disponibilità di
ricambi non sia in discussione. I distributori lavorano, a ritmo un
po’ ridotto, ma continuano a spedire e ricevere merce. La
motivazione di molti operatori di restare aperti rappresenta la
volontà di garantire la continuità del servizio, di continuare a
fornire assistenza ai clienti e di mettersi a disposizione delle
Forze dell’Ordine, dei mezzi di servizio per l’emergenza,
ambulanze, auto mediche, mezzi di consegna dei farmaci”.
DISTRIBUTORI
Tutti
i distributori auto risultano aperti, con un numero di addetti
opportunamente ridotto, per garantire la sicurezza del personale e
anche perché il livello di operatività è molto calato. Il
fatturato di marzo si collocherà intorno al 40-45% di quello che è
un mese normale. Questo grazie ai primi giorni del mese, che sono
stati nella norma. Su aprile, potrebbero realizzare non più del
20-25% del fatturato di un mese normale (considerando che il mese di
aprile 2019 non vale come riferimento rappresentativo, perché è
stato un mese corto, con molti ponti dovuti a Pasquetta, al 25 aprile
e al 1° maggio).
C’è poi un’ultima considerazione da fare: “I cicli di lavorazione delle carrozzerie sono notoriamente più lenti, quindi l’8 di marzo molti esercizi avevano in casa vetture da completare, che garantivano ancora circa 15 giorni di attività. Alcuni degli operatori sentiti mi hanno confermato direttamente questo dato, anticipandomi che finito il lavoro, sarebbero andati in ferie e come estrema ratio, in cassa integrazione”.
UN
AGGIORNAMENTO SULLA FILIERA TRUCK
Aguettaz segnala che quasi tutte
le strutture di assistenza risultano aperte, anche se la paura del
contagio ha fatto rimanere a casa i tecnici. L’attività di questa
settimana si attesta intorno al 50% del dato normale, anche a causa
di fattori come la chiusura delle fabbriche (a parte le essenziali)
ha ovvie conseguenze sul trasporto delle merci. Rimane attivo il
rifornimento dei supermercati, di farmaci e strumentazioni per gli
ospedali e di altre filiere essenziali. C’è infine un limite che
deriva dal numero degli addetti, perché anche le società di
trasporto, a loro volta, hanno difficoltà a trovare autisti disposti
a viaggiare. La previsione è che la filiera truck finirà il mese di
marzo al 60% dell’attività normale.
UN
PRIMO SGUARDO AL FUTURO
Azzardiamo un’ipotesi su cosa succederà
al settore – e ai diversi protagonisti della filiera uniti da
questo comune destino – nel prossimo futuro? Per Aguettaz la vera
incognita di oggi è sapere quando finirà l’emergenza: una volta
terminata, lo scenario si schiarirà: “In un certo senso, i piccoli
artigiani che non fanno il bilancio, a fine anno non presenteranno
perdite, magari avranno un reddito più basso. Molti non chiudono per
paura di non avere la forza di riaprire… A rischiare maggiormente
sono piuttosto le strutture medio-grandi, che oggi devono pagare più
stipendi: le perdite registrate nei bilanci di fine anno impediranno
la ricapitalizzazione e potranno costringerle a chiudere. In ogni
caso, il conto è rimandato a quando si riapre. Il rischio che
qualcuno sparirà (non necessariamente i più piccoli, ripeto) c’è
ed è concreto”. La vera logica di tutto questo, sottolinea in
conclusione Aguettaz con un’eloquente metafora, è la cassa: “Se
l’azienda fosse una partita a scacchi, la cassa sarebbe la Regina.
Se la perdi, hai perso la partita”.
#iostoconlafilieratruck
#orientarsinellatempesta
a cura di Redazione
Condividi l'articolo
Scegli su quale Social Network vuoi condividere