Aumentano gli attacchi alle navi occidentali nel Mar Rosso e le navi sono costrette a fare 10 giorni in più di navigazione rispetto al transito nel Canale di Suez. Ritardi di consegne, aumenti dei noli e spinta inflativa sono gli effetti sul commercio mondiale e l’automotive
La guerra in corso tra Hamas e Israele ha inasprito gli attacchi contro le navi mercantili che transitano nel Mar Rosso, con effetti sulle supply chain globali. Dal 19 ottobre 2023, il gruppo armato yemenita Huthi ha lanciato una serie di attacchi sempre più intensi contro il sud di Israele e le navi mercantili che attraversano il Mar Rosso. Una minaccia per il commercio internazionale e la logistica. Il Mar Rosso è infatti una delle arterie più importanti del sistema marittimo globale, attraverso il quale transita un terzo di tutto il traffico di container. Un’interruzione prolungata provocherebbe un effetto inflativo e dirompente soprattutto sull’energia. Il 12% del petrolio trasportato via mare e l’8% del gas naturale liquefatto (GNL) transitano, infatti, attraverso l’arteria marittima. Attraverso il Mar Rosso passa circa il 10% del commercio marittimo globale, dall’Asia all’Europa e viceversa.
La crisi del Mar Rosso
L’ ANFIA (Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica) nello studio su “Gli impatti della crisi del Mar Rosso sull’industria automotive in Italia” ha individuato i possibili scenari e le conseguenze che ne potrebbero derivare sulla crescita globale. Le principali conseguenze sarebbero un indebolimento della crescita dei paesi MENA (Middle East and North Africa), a cui farebbe da complemento una crescente instabilità dell’area e un conseguente incremento dei costi dell’energia.
Gli attacchi degli Huthi alle navi nel Mar Rosso costringono infatti gli armatori a far circumnavigare l’Africa alle proprie navi, doppiando il Capo di Buona Speranza, con un aumento dei tempi di percorrenza via Sud Africa di 10 giorni rispetto alla navigazione via Canale di Suez.
La crisi del Mar Rosso ha già fatto registrare il -55%di traffico di navi rispetto a dicembre, con un aumento dei costi di trasporto di container Asia-Europa pari al +173% rispetto a dicembre (Fonte: FREIGHTOS, gennaio 2024). Il costo del trasporto di un container da 40 piedi da Shanghai a Rotterdam è passato in poche settimane dai 1.667 USD del 21 dicembre 2023 ai 4.984 USD del 25 gennaio; quello del trasporto da Shanghai a Genova è passato nel medesimo periodo da 1.956 USD a 6.385 USD, con un impatto in Europa sui prezzi delle merci importate dalla Cina e dall’Asia in generale.
Il Mar Rosso e i rischi per la crescita globale
Tutto questo potrebbe portare anche a turbamenti della supply-chain, con ritardi nelle consegne, incremento dei costi di spedizione e possibili interruzioni della produzione per mancanza di materie prime e componenti. Inoltre la crisi del Mar Rosso comporta anche il rischio inflativo, con l’aumento dei costi di spedizione, dei premi assicurativi e dell’incremento della domanda carburanti, a causa dell’allungamento delle rotte marittime, e un rischio prodotti perché rotte più lunghe potrebbe portare a ritardi nelle consegne e possibili interruzioni nella supply chain globale. In molti, infatti, stanno ripensando la logistica da “just in time” a “just in case”, prevedendo quindi hub più vicini ai mercati e politiche di stock.
La survey ANFIA
La survey ANFIA è stata condotta su un campione di circa 70 aziende, prevalentemente componentisti. Soltanto il 16% degli intervistati ritiene che la crisi nel Mar Rosso non impatti il proprio business.
Chi risponde positivamente segnala che i principali impatti registrati riguardano le tempistiche nella consegna (34,9%), seguono l’aumento del costo dei noli (31,6%), la difficoltà nell’approvvigionamento delle materie prime/componenti (16,4%) e nella programmazione della produzione (11,8%). Scendendo ai segmenti di prodotti con maggiori difficoltà nel reperimento, ci sono le sono le materie prime (36,4%), seguite dai componenti elettronici (14,3%), dai semiconduttori e dalle materie plastiche, pari merito al 10,4 %, dai componenti meccanici (6,5%). Il 66% del campione non ha registrato interruzioni della produzione degli OEM clienti a causa dei ritardi o della mancanza di componenti. Alla domanda “Quali provvedimenti o accorgimenti sta prendendo la vostra azienda per far fronte alla crisi?”, oltre un terzo del campione (35,4%) risponde di utilizzare forme di trasporto alternative, un ulteriore terzo sta implementando lo stock (33,3%), mentre il 20,2% sta rilocalizzando i fornitori in Europa e in Italia. Come dire, nei momenti di crisi, moglie e buoi dei paesi tuoi.
a cura di Francesco Oriolo
Condividi l'articolo
Scegli su quale Social Network vuoi condividere